venerdì 10 maggio 2013

giovedì 9 maggio 2013

martedì 10 aprile 2012

gli occupanti del teatro valle

direi illuminante...



venerdì 15 luglio 2011

L'occupazione adolescenziale del Valle. Un'analisi.

1.
In Italia ci sono situazioni e idee cui è obbligatorio aderire. Se non lo si fa è automatico passare per fascisti, per reazionari, per filo-governativi. E' il cancro del pensiero unico, dell'aut aut nostrano, della politica curvaiola, del con noi o contro di noi.
Un giornalista, un intellettuale, un individuo qualsiasi, in parecchi angoli del mondo (e segnatamente in quelli anglofoni), può esprimere la propria opinione senza avere l'obbligo di semplificarla, di trasformarla in uno slogan.
Da anni sono convinto che il vero problema del nostro paese consista nell'aver rinunciato alla complessità del pensiero. Berlusconismo e anti-Berlusconismo, di fatto, lo dimostrano ampiamente.

2.
Dico subito che l'idea di occupare "giovanilisticamente" il Teatro Valle, ovvero - la specifica valga per i non romani non avvezzi - uno dei templi fondamentali del teatro nazionale, mi è subito sembrata interessante e degna di appoggio. Nel nostro (non poi tanto) piccolo abbiamo mosso quello che potevamo muovere, abbiamo informato, abbiamo cercato di far circolare quanto più possibile la notizia. Una notizia, va detto, che comunque ha valicato autonomamente non solo i confini del raccordo anulare ma anche quelli repubblicani, ed è stata accolta con favore da vari media e gruppi tra quelli meglio caratterizzati da una vis polemica (in genere sinistrorsa) piuttosto riconoscibile. Peraltro mi è parso che l'iniziativa in sè sia stata guardata con una certa simpatia, seppure superficiale, anche da buona parte del pubblico teatrale che potremmo indicare come tradizional-borghese, ovvero il pubblico degli abbonati, il pubblico, tanto per intenderci, che affolla con abiti eleganti le prime degli Stabili.

3.
L'obiettivo simbolico dell'occupazione è stato in effetti presto conseguito. Centinaia di giovani e meno giovani sono entrati senza permesso in uno dei teatri più importanti d'Italia e, invece di metterlo a soqquadro, invece di imbrattarlo con murales e uova marce, hanno fatto il contrario: l'hanno rispettato. Hanno cioè cercato di restituirgli - questo mi pare di aver letto nelle prime mosse di questa iniziativa - la dignità che il Governo, con le sue politiche economiche scellerate e, più in generale, col disinteresse verso la cultura, gli aveva tolto. E così hanno realizzato una specie di stagione-ombra, un programma, dunque, di iniziative che, a prescindere dal valore artistico o tecnico, intendevano riconferire senso ad un palcoscenico storico e glorioso.
Il respiro di una fase del genere è tuttavia piuttosto corto. Non per colpa degli occupanti, ovviamente. Ma per via della natura intrinseca di ogni azione simbolica. L'azione simbolica è efficace quando è fulminea o quando occupa il tempo necessario alla riflessione intellettuale. Dopodichè perde forza, si trascina, non porta da nessuna parte.

4.
Ecco perchè sono partito dalla mia Monza (la cittadella, sia detto per inciso, nella quale l'illuminato Governo Bossi vorrebbe trasferire un paio di ministeri senza saper rispondere - ammesso che la intenda - alla domanda minima: cui prodest?) con l'unico scopo di affacciarmi al Valle. E' una cosa che ho fatto centinaia di volte, questa. Ma l'obiettivo è stato quasi sempre quello di assistere ad uno spettacolo da recensire, più raramente ad uno spettacolo da non recensire, più raramente ad un appuntamento privato, più raramente ad un convegno o ad una conferenza stampa. Non ero mai partito alla volta del Valle per osservare un atto di protesta. Arrivato a Roma ho parlato con i miei colleghi e amici soprattutto per sapere che aria tirasse. E devo dire che quasi tutti mi hanno tranquillizzato: "non si tratta di un'occupazione violenta, mi hanno detto, forse non è un'occupazione chiara negli intenti, ma violenta no; vai sereno". E così ho fatto. Mi sono affacciato, ho visto con i miei occhi, ho conversato con gli occupanti, ho bevuto un caffè con alcuni di loro, ho assistito ad una delle serate da loro stessi organizzate.
Quello che segue è l'elenco, scritto sul treno che mi riportava a casa, delle cose che penso:

5.
- Penso che una delle caratteristiche che qualifichi gli attori (e i teatranti, più in generale) sia l'individualismo. Non è nè un bene nè un male. E' una caratteristica. Spesso peraltro addirittura necessaria. Basti pensare ai casting e ai provini per un ruolo importante (o non importante). Sono storie - le conosco per esperienza professionale diretta - che contengono, al di fuori del talento e del mestiere, anche arroganza e prevaricazione, inganno e meschinità di vario genere. E' l'homo homini lupus tipico di questo mondo. Si può ribattere con il buonismo d'accatto, certo. E' prassi. Ma chiunque abbia attraversato certi liquami non può non comprendere a cosa mi riferisca. L'ambizione non può non generare individualismo. Al di là del bene e del male, del lecito e del riprovevole. E non esistono attori privi di ambizione. Se non quando abbiano smesso di pensarsi come attori.
- Credo che la convivenza di spiriti ambiziosi e individualisti in un sistema di tipo collettivo-socialista sia paradossale e, in quanto paradossale, impossibile. Ecco perchè l'idea stessa di un sindacato degli attori mi ha sempre fatto sorridere. Gli operai possono avere un sindacato. Gli insegnanti possono avere un sindacato. Perchè ciò che devono difendere è una categoria di professionisti livellati, mai in competizione reciproca, mai nelle condizioni di dover sperare nell'inciampo del collega. Ribadisco: non c'è nè bene nè male in questo. E' così. Un sindacato degli attori mi pare assurdo come mi parrebbe assurdo un sindacato dei piloti di formula uno. Va bene la base, va bene la definizione di contratti nazionali, la tutela generica. Ma oltre quello parliamo di buffonate. Ora capita che un gruppo coeso, disciplinato e festoso di attori, non solo occupa un teatro-simbolo, ma al suo interno porta avanti un progetto collettivo di significativa durata. Sono cose che non funzionano. Non esistono capitalisti comunisti, non esistono preti ateisti, non esistono curve rette. E allora due sole cose possono tenere insieme un assembramento tanto impensabile: il paternalismo e la disoccupazione. Mi riferisco al paternalismo dei padri patrati (Orlando, Camilleri e compagnia bella) che offrono la loro benedizione alla nuova generazione di attori rampanti; e allo stato di disoccupazione che affligge buona parte degli stessi. Ora quel comune denominatore necessario a qualsiasi tipo di condivisione rischia di essere caratterizzato proprio dalla disoccupazione; che tuttavia, nel caso degli attori, resta un problema personale, niente affatto di categoria. Per il semplice fatto che gli attori non sono una categoria. Ma individui che lottano quotidianamente per realizzare se stessi, in quanto artisti unici retribuiti, non in quanto gruppo di lavoratori genericamente qualificati. Non voglio in nessun modo aderire alle cattiverie di molti miei colleghi. Che sostengono che questa occupazione sia figlia dell'afa e di poco altro. Come se in una città così calda e, al momento, così priva di attrattive ricreative, dei giovani disoccupati avessero scelto quel posto per passare l'estate in compagnia. Io non credo sia così. Nè voglio offendere con giudizi tanto banali l'intenzione e la passione di tanti individui. Tuttavia ho la sensazione che ogni giorno in più che passa, sia destinato a sottrarre potenza e senso ad un'azione nata sotto buoni auspici.
- Sono convinto che, in ogni caso, l'adolescenza protratta, l'adolescenza come modalità, se è senz'altro in grado di produrre splendidi slanci, col tempo perde di forza, si ripiega su se stessa e rischia di divenire, a seconda dei contesti, ridicola o pericolosa. E questa occupazione, questa azione ha davvero molto di adolescenziale. Nel bene e nel male. E' nata come un'azione sorridente, allegra, bandistica mi viene da dire. E questo, ovviamente, va benissimo. E' nata come un'azione civile, impegnata. Forse un po' troppo manichea (rimando al primo punto); ma questo succedeva anche durante le occupazioni liceali, quando eravamo tutti rossi e fieri e certi e, sicuramente, adolescenti. Delle occupazioni liceali, questa qui, ha anche le strutture militaresche (e gerarchiche) nelle quali sono inseriti i vari responsabili, i gruppetti di coordinamento, i servizi d'ordine, gli occupanti veri distinti dagli occupanti part-time, i capobranco, i soldati semplici. Una struttura questa che, forse, è necessaria quanto inevitabile; ma che senza dubbio rende il tutto appena un tantino più antipatico.
- Credo che la seriosità sia un disvalore; ma credo che la serietà sia un valore. Credo sia bello e utile non prendersi troppo sul serio; ma credo anche sia tremendo sottovalutare la portata simbolica dei comportamenti. Nella mia breve visita ho assistito ad una occupazione non seriosa ma nemmeno troppo seria. Ho visto gente truccata come clown, ho visto una persona con ali da putto, ho visto una cravatta luminosa... ok, d'accordo, siete artisti, siete bizzari per vocazione, siete anarchici per dovere, siete estrosi... Ma non credo sia questo il modo di affermarlo. Lo dice un uomo che, pur essendo omosessuale dichiarato, disprezza da sempre certi eccessi e piume di struzzo da gay-pride. Attenzione: non perchè siano di per sè un male; ma perchè strategicamente sono un errore. E non fanno che definire clichè già esistenti.
- Un'ultima cosa. Nei comunicati diffusi non vedo una reale progettualità. Sembrano comunicati preparati sulla falsa riga dei programmi elettorali degli ultimi venti anni. Parole come fumo. E allora, dicevo, ho cercato di parlare con le persone che questa occupazione l'hanno sostenuta e attraversata. E con tutta la simpatia che ho avuto per loro, nessuno ha saputo darmi una risposta seria alla domanda: "A cosa serve?" e alla domanda "A cosa porta?". Viceversa l'orgoglio con cui questi ragazzi parlano del loro sacrificio, del numero dei giorni che hanno messo in fila, mi ha fatto pensare una cosa orribile, che spero sia solo una brutta sensazione; ovvero che l'occupazione sia il risultato, non il mezzo per raggiungerne uno; che l'obiettivo di queste persone sia solo quello di finire nel Guinness dei Primati. Se fosse così ci sarebbe da disperarsi.

6.
In conclusione, dopo aver notato di straforo che questa occupazione è del tutto innocua per il potere costituito, che infatti se ne frega altamente (mi sembra che i chi-di-dovere governativi considerino questi lavoratori dello spettacolo come bambini lasciati nella vasca delle palle colorate all'Ikea: non disturbano nessuno, lasciano campo libero e intanto si sfogano), spero proprio di essere smentito dai fatti. E comunque non mi va di provare tenerezza per queste persone. E non mi va nemmeno di aver paura di loro. Vorrei aderire totalmente a quello che resta un evento centrale in questa estate povera di eventi. Però tante cose non mi piacciono. Non mi piace il trascinamento e non mi piace la guasconaggine; non mi piace il militarismo e non mi piacciono gli slogan. Mi piacciono gli attori. E vorrei che davvero sapessero come difendersi. Possibilità comunque ardua in un paese che, al punto in cui è, senza attori e senza teatri, mi dispiace dirlo, non cambierebbe di una virgola.

lunedì 27 giugno 2011

Marchetto

Un altro che in italia non si fila nessuno.
Invece s'è inventato uno stile che sarà anche senza sviluppo, ma che intanto molti apprezzano anche oltre i confini nazionali. E poi è una persona seria e un artista puntuale. E poi l'uso della carta mi fa pensare all'artigianato. Una parola della quale il nostro teatro culodritto ignora ormai (e del tutto) il significato.



venerdì 17 giugno 2011

la dignità tutelata

Bene.
E' uscito l'atteso comunicato della Cooperativa Nuova Scena riguardo la questione Haber.
Eccolo:

La Cooperativa Nuova Scena – Teatro Stabile di Bologna ha deciso di risolvere con effetto immediato il rapporto di lavoro con Alessandro Haber in relazione allo spettacolo “Otello” con regia di Nanni Garella, il cui debutto è previsto al Teatro Romano di Verona per il 13 luglio 2011. La risoluzione del rapporto con Haber è conseguenza dei gravi comportamenti tenuti nel corso delle prove dello spettacolo nei confronti di Lucia Lavia. Per tutelare con forza, la sua dignità di giovane donna e di attrice, Lucia Lavia ha dato mandato al proprio legale, Avv. Francesco Brizzi, di presentare querela nei confronti di Alessandro Haber. La decisione della Cooperativa Nuova Scena è stata assunta in quanto i gravi fatti accaduti contrastano palesemente con le più elementari regole di deontologia professionale e con i principi di eticità propri della Cooperativa Nuova Scena. Nuova Scena – Teatro Stabile di Bologna conferma che “Otello” debutterà a Verona il 13 luglio 2011 e vedrà come protagonisti Franco Branciaroli (Otello), Maurizio Donadoni (Iago) e Lucia Lavia (Desdemona) affiancati in scena dallo stesso regista Nanni Garella (Montano), Federica Fabiani (Emilia), Woody Neri (Cassio), Matteo Alì (Roderigo).

Inutile aggiungere altro. Se le cose sono andate come riportato dai giornali, il comunicato non fa una grinza.

E tuttavia non posso non chiedermi: Chi avrebbe tutelato la dignità di giovane donna e di attrice di una qualsiasi interprete che avesse avuto stessa età e stessa esperienza della Lavia ma cognome e genitori diversi? Inutile scandalizzarsi dunque; almeno quanto lo è esaltare il coraggio di questa ragazza. Soprusi del genere continueranno a costituire l'ossatura del teatro italiano e, più in generale, quella di ogni contesto in cui il potere del nome e della discendenza oltrepassano di gran lunga i confini della morale. Così è. Facciamocene una ragione.

venerdì 3 giugno 2011

Ruby scrive a Woody

A chi gli chiedeva se avesse mai sentito parlare di Ruby Rubacuori, Woody Allen aveva risposto: «L’ho vista solo in foto, ma la trovo attraente e affascinante. Forse sa anche recitare!»

Tanto è bastato.

La ragazza, cui non deve certo mancare l'intraprendenza, ha preso carta e penna e ha scritto al maestro. Questa lettera:

Gentilissimo Maestro, ho appreso dalla stampa italiana di un Suo interesse nei miei confronti. Ne sono fiera e orgogliosa e spero di non deludere le Sue aspettative. Vorrei incontrarLa quanto prima, purtroppo io ancora non ho la possibilità di viaggiare liberamente nel Suo Paese, per noi arabi non è così facile raggiungere gli Stati Uniti. Spero, quindi, che quando Lei sarà in Europa possa contattarmi per prendere un tea insieme e discutere del nostro futuro professionale. Lei per me è un mito, ho profondamente amato un suo film, che per me è un cult, si tratta de ''Il Dittatore dello Stato libero di Bananas'', che lei ha girato nel 1971, quando io ancora non ero nata. Come lei ben sa, sono appena maggiorenne, quindi ho visto tutti i Suoi film in dvd. Non può immaginare quanto ho riso, nei miei momenti di depressione, con le spassosissime battute di "Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso e che non avete mai osato chiedere". Woody, Lei con la sua ironia e leggerezza mi ha salvato dai momenti bui che sto vivendo negli ultimi mesi. Questa storia del «bunga-bunga» mi sta logorando e solo l'arte, la Sua arte, mi sta dando sollievo, positività e gioia di vivere. Quando ho visto "Viky Cristina Barcelona" sono rimasta affascinata dalle intriganti dinamiche del triangolo amoroso che Lei ha sapientemente rappresentato. Come fa a descrivere così bene le dinamiche dei sentimenti? E poi non sa come ho invidiato Carla Bruni, quando a Parigi stava girando il suo ultimo film. Lì avrei voluto essere io al suo posto! Cosa ho io meno della prima dama di Francia? Lei è una donna solo più fortunata di me. È nata ricca e magra. Io ho dovuto lottare per conquistare tutto. Sono nata senza la prospettiva di un futuro e sto lottando per costruirmi un avvenire. La mia immagine ora è un po' compromessa ma grazie a Lei vorrei raddrizzarla. Io non sono la mangia uomini che i media di tutto il mondo descrivono. Sono una ragazza di sani principi e con un grande amore per l'arte, la letteratura e la filosofia. Ho appena letto il Don Giovanni di Søren Kierkegaard e il protagonista di questo trattato filosofico mi ha rimandato a Lei, così leggero eppure così profondo... Ho un sogno: diventare la Sua nuova musa... la nuova Mia Farrow o anche Diane Keaton! Vorrei entrare nello schermo con Lei, come nella "Rosa purpurea del Cairo", e cavalcare un cavallo bianco che mi trascina verso un nuovo futuro. Sua, Ruby Rubacuori.

Quanto vorrei una macchina del tempo che mi portasse avanti di cinquant'anni. Giusto il tempo di sfogliare un libro di storia. E di capire come si parlerà di questa epoca surreale... No dico: Allen ha girato quasi 50 film... e lei sceglie "Il Dittatore dello Stato ibero di Bananas"? Veramente incredibile. Anzi: io credo che questa lettera sia un fake. Non può non esserlo. Cancellate questo post.