FAUST
di Johann Wolfgang Goethe
traduzione-adattamento e versione teatrale Dario Del Corno e Glauco Mauri
con Glauco Mauri, Roberto Sturno, Cristina Arnone, Dora Romano, Mino Francesco Manni, Marco Blanchi, Simone Pieroni, Alessandro Scavone, Francantonio, Alessandro Menin.
regia di Glauco Mauri
traduzione-adattamento e versione teatrale Dario Del Corno e Glauco Mauri
con Glauco Mauri, Roberto Sturno, Cristina Arnone, Dora Romano, Mino Francesco Manni, Marco Blanchi, Simone Pieroni, Alessandro Scavone, Francantonio, Alessandro Menin.
regia di Glauco Mauri
scene di Mauro Carosi
costumi di Odette Nicoletti
musiche di Germano Mazzocchetti
produzione: Compagnia Glauco Mauri Roberto Sturno
produzione: Compagnia Glauco Mauri Roberto Sturno
visto a Udine
Teatro Nuovo Giovanni da Udine
gennaio 08
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Il Faust è per universale consenso il simbolo dell'anima umana lacerata dall'eterno conflitto tra il bene e il male, la salvezza e la dannazione. La vicenda, celeberrima, è un'affascinante storia in cui si mescolano magia e filtri di giovinezza, patti col demonio e tragedie d'amore, ambientata nell'inquieto rinascimento nordico.
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Spettacolo strambo, diseguale, sbidonato, questo Faust di Mauri-Sturno, scappato fuori dal nulla - o meglio, dal fastidioso Delitto e Castigo dell'anno scorso - e quindi per molti versi sorprendente.
Uso aggettivi come strambo, diseguale, sbidonato avendoli naturalmente scelti per la loro ambiguità; ma convinto che tornino utili, qui come altrove, per un'accezione positiva che, in tempi di Restaurazione, mi pare sempre più evidente.
Lo spettacolo è una girandola di scene impossibili, sempre sul filo della caricatura beffarda; una caricatura - qualcuno obietterà - magari non sempre consapevole, ma che importa?
Le idee ci sono, gli attori reggono alla grande, tutto si muove e si smonta come fosse un grande cubo di Rubik, scintillante, pesante anche, ma comunque mai noioso, mai prevedibile (se si eccettua l'episodio di Filemone e Bauci, senz'altro il meno riuscito).
Mauri è sempre grande e vibrante, Sturno tira su un Mefistofele estetico che convince, diverte e non spaventa. Gli altri, tutt'intorno, se la cavano bene. In particolare va segnalata la prova di Cristina Arnone, che dà vita ad una Margherita veramente di buon livello; brava, la Arnone, anche perchè trova misure e spazi giusti all'interno di una messa in scena che sembra voler far eccellere solo i due protagonisti.
Pare invece veramente troppo pesante la scenografia. Soprattutto il piedistallo-librone sul quale Faust incontra Mefistofele: è semplicemente un brutto oggetto scenico; un oggetto che si muove un po' tanto per fare, quasi svelando la voce del produttore che dice al suo pubblico: ma avete la minima idea di quanto ci è costato quest'affare?
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