giovedì 10 marzo 2011

*Versari / "Qualcuno volò sul nido del cuculo"

DUEMILADIECI - QUALCUNO VOLO' DAL NIDO DEL CUCULO
libero adattamento teatrale in due atti da K.Kesey, L.Hauben, B.Goldman
scritto e diretto da Lauro Versari
con Aldo Rapè, Sonia De Meo, Carlo di Maio, Piero Cardano, Pierre Bresolin, Rita Gianini, Maurizio Bellardini, Valentina D'Andrea, Francesco Primavera
aiuto regia, Esmeralda Vascellari
scene e disegno luci, Studio La Tavolata
costumi, Vize Ruffo
produzione, O.L.T.R.E.
visto a Roma, Comprensorio S.Maria della Pietà
marzo 2011
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Liberamente ispirato al famoso film di Milos Forman e al romanzo di Ken Kesey, racconta lo scandire sempre uguale del tempo in un reparto di un ospedale psichiatrico, dove l’iper-controllo e la manipolazione della mente e delle emozioni altrui è affidata a uomini e donne con camici bianchi che somministrano medicine per mettere a tacere gli impulsi e le emozioni di coloro che non sono in grado di integrarsi con la società, aiutandoli in tal modo a divenire persone socialmente integrate e prive di istinti ed emozioni “sconvenienti”.
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Ogni tanto mi capita di trovare cose che non cerco. Mi capita, ad esempio, di andare a vedere uno spettacolo di cui non so nulla - di cui non conosco nè attori, nè regista; magari ho solo visto il film cui si ispira, ma così tanti anni fa... - solo per il gusto di vedere se succede qualcosa.
E poi quando ho ricevuto la cartolina di questo lavoro, ammetto di essermi incuriosito subito. Ma per un motivo che poco ha a che fare con il teatro: non avevo mai visto S. Maria della Pietà da dentro.
Insomma, poter unire la fascinazione fatalista ad un intento chiaramente turistico, è una possibilità che ancora oggi, dopo tanti tentativi in tal senso, mi pare irrinunciabile.
E allora vediamo che succede in questo padiglione, dove, - penso - se lo spettacolo non mi piacerà, potrò almeno guardare come sono fatti i muri, quanto sono alti i soffitti, che eco potesse avere l'era pre-Basaglia.
Ma poi capita che lo spettacolo cui assisto, in fin dei conti, sia un ottimo lavoro. Ed è un ottimo lavoro non perchè sia collocato in un luogo perfetto; ma perchè contiene attori di livello, scelte interessanti e sviluppo coerente. Ovvero le tre qualità che, da spettatore, cerco ancora e sempre con disperazione; anche se da anni non posso più pretenderle.
Intendiamoci. Non siamo di fronte ad un capolavoro. Qualche lungaggine potrebbe essere evitata, qualche scambio di battute suona debole (anche perchè, di tanto in tanto, inghiottito dal rimbombo del padiglione). Ma il lavoro regge benissimo; e si segue perfino con qualche brivido d'emozione.
Nell'Italia teatrale, un'italietta marcia più che folle, la notizia di un lavoro che si possa considerare bello e complesso pur essendo estraneo ai circuiti vip, continua a suonarmi benissimo.
Peraltro mi piace segnalare finalmente un bel tradimento della fonte. Perché è chiaro che il titolo di questo spettacolo, di per sè, non prometterebbe niente di buono. E invece chi ci ha messo le mani (immagino il Signor Versari) non si è limitato a tagliare e cucire; ma ha adattato, quasi sempre con buona mano, situazioni e dialoghi all'hic italico, e dunque a vernacoli e a tipi umani che hanno il pregio di non rimandare mai all'originale.
Una scena su tutte: di notte, il paziente Aldo Marfi organizza una festa nel reparto. L'ascendente che ha sugli altri "ospiti" ed il carisma che riesce ad esercitare anche nei confronti dell'infermire-secondino, bastano a far impazzire il padiglione: arriva alcol, musica e una ragazza con la parrucca. E lo spettacolo cambia, diventa una girandola di voci, di corse e di risate. La ragazza è la novità più evidente per i pazienti; ma quella più gustosa è il senso di libertà. Naturalmente finirà male. Ma intanto il gigante buono - la personalità - si è svegliato. E questo avviene solo in tempo di rivoluzione; e una rivoluzione può essere, come si sa, stupefacente e clamorosa; o anche rapida e piccolissima.