sabato 9 aprile 2011

*Maurizio Panici - Argot / "Processo a Gesù"

PROCESSO A GESU'
di Diego Fabbri
regia di Maurizio Panici
con Massimo Foschi, Angiola Baggi, Renato Campese, Dely De Maio, Crescenza Guarnieri, Massimiliano Franciosa, Maurizio Panici, Massimo Reale, Alessia Innocenti, Tommaso Pagliarini, Rocco Piciulo, Daniele Pilli, Alice Spisa, Marco Vergani
scene, Daniele Spisa
costumi, Lucia Mariani
musiche, Stefano Saletti
luci, Riccardo Tonelli, Roberto Rocca
compagnia/produzione, Argot Produzioni / Fondazione Istituto Dramma Popolare San Miniato / Comune di Forlì e Centro D. Fabbri
visto a Roma, Teatro Valle
aprile 2011
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Rappresentato per la prima volta nel 1955, il capolavoro di Diego Fabbri (1911-1980), scritto dopo una lunga gestazione dal 1952 al 1954, ha trionfato sui palcoscenici di tutto il mondo. L’idea nacque in Fabbri dal processo «politico» che un gruppo di giuristi anglosassoni aveva fatto nel 1933 a Gerusalemme e che si era concluso con l’assoluzione di Gesù. Da tale spunto l’opera di Fabbri divenne un’indagine serrata ed emozionante su una società che aveva perso la speranza della salvezza, la fiducia nei propri valori, soprattutto la fiducia nella condivisione e nell’amore, rifugiandosi nell’individualismo e nell’edonismo. Il dramma è diviso in due tempi con un intermezzo; la scena è semplice e si presenta a sipario alzato. Prendendo spunto dal teatro pirandelliano più tipico, i personaggi, non casualmente con nomi biblici (Elia, Rebecca, Sara e Davide), si presentano agli spettatori, tra i quali è già nascosto qualche attore che in un secondo tempo interverrà direttamente nell’azione scenica, annunciando la messa in scena di un processo a Gesù, una sorta di sacra rappresentazione che cerca di scoprire se Gesù fosse innocente o colpevole, se fu condannato ingiustamente o meno.
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Non mi va di girarci intorno: questo Processo a Gesù è uno spettacolo tremendo.
Certo. Si può salvare Massimo Foschi, perchè stiamo parlando di un attore e anche di un attore di talento; ma qui resta in linea di galleggiamento più per la professionalità che per la performance. Si può provare a salvare anche il gruppo di attori più giovane, ma davvero soltanto per l'impegno.
Tutto il resto, a partire dalla scena - freddissima; ma anche del tutto priva di fascino - non va. Non può andare.
Sul testo di Fabbri non credo ci sia molto da dire. Personalmente lo trovo stantio e clamorosamente anacronistico. Ma si tratta di gusti, ovvio. E dunque, in partenza, l'idea di metterlo in scena non può essere condannata. Semmai può dar fastidio, in tempi di austerity, portare in scena 14 attori per poi tenerli immobili, come suppellettili inutili, ciascuno in attesa di pronunciare la propria battuta morta.
La noia è totale, ma il regista dev'essersene fregato. Come si sarà fregato di curare la propria stessa dizione (perchè Panici si mette anche in scena: fa Ponzio Pilato): e durante ogni sua battuta, nessuna delle quali conteneva le sillabe finali delle parole, mi sono chiesto: "Ma un attore tecnico come Foschi, cosa starà pensando ora? Cosa penserà del suo regista? Anzi no: del suo compagno di scena, che commette errori tipici da neofita adolescente? Come l'avrà mandato giù questo rospo?".
Registro e ricopio tre battute in ordine sparso; ma dette dagli spettatori, chè quelle in scena già non mi interessavano più dopo dieci minuti di spettacolo:
1) il mio vicino di poltrona, in platea, sottovoce: "Sembra un Porta a Porta monocorde"
2) un signore di mezza età, durante la pausa tra I e II atto, scambiando opinioni con un amico: "Ma come facciamo ad arrivare alla fine? ...Quanto? Ancora un'ora? ...Ma pare brutto se andiamo via?"
3) una giovane, probabilmente un'attrice: "Se devono usarlo così, lo eliminassero del tutto 'sto Fus!"

Scrive Panici:
“Questo è un testo che ha bisogno di attori che sconfinino con naturalezza dalla condizione di testimoni/personaggi a quella di una umanità assente, attori che abbiano la capacità di farci sentire tutti dentro questa immensa piazza che è il mondo”
Bene. Obiettivo tradito e fallito miseramente, ci pare.

Extra.
Dopo alcuni minuti dall'inizio dello spettacolo, Dely de Mayo entra in scena, attraverso una porta posta davanti ad una breve scalinata. Inciampa. Ruzzola giù investendo un trono che sembra di latta. E' successo alla prima al Valle. Per tutto lo spettacolo si tiene il gomito.
Si tratta senz'altro della parte più significativa e viva di q
uesto allestimento.



venerdì 1 aprile 2011