sabato 19 gennaio 2008

*MAURI-STURNO / "FAUST"

FAUST
di Johann Wolfgang Goethe
traduzione-adattamento e versione teatrale Dario Del Corno e Glauco Mauri
con Glauco Mauri, Roberto Sturno, Cristina Arnone, Dora Romano, Mino Francesco Manni, Marco Blanchi, Simone Pieroni, Alessandro Scavone, Francantonio, Alessandro Menin.
regia di Glauco Mauri
scene di Mauro Carosi
costumi di Odette Nicoletti
musiche di Germano Mazzocchetti
produzione: Compagnia Glauco Mauri Roberto Sturno
visto a Udine
Teatro Nuovo Giovanni da Udine
gennaio 08
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Il Faust è per universale consenso il simbolo dell'anima umana lacerata dall'eterno conflitto tra il bene e il male, la salvezza e la dannazione. La vicenda, celeberrima, è un'affascinante storia in cui si mescolano magia e filtri di giovinezza, patti col demonio e tragedie d'amore, ambientata nell'inquieto rinascimento nordico.
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Spettacolo strambo, diseguale, sbidonato, questo Faust di Mauri-Sturno, scappato fuori dal nulla - o meglio, dal fastidioso Delitto e Castigo dell'anno scorso - e quindi per molti versi sorprendente.
Uso aggettivi come strambo, diseguale, sbidonato avendoli naturalmente scelti per la loro ambiguità; ma convinto che tornino utili, qui come altrove, per un'accezione positiva che, in tempi di Restaurazione, mi pare sempre più evidente.
Lo spettacolo è una girandola di scene impossibili, sempre sul filo della caricatura beffarda; una caricatura - qualcuno obietterà - magari non sempre consapevole, ma che importa?
Le idee ci sono, gli attori reggono alla grande, tutto si muove e si smonta come fosse un grande cubo di Rubik, scintillante, pesante anche, ma comunque mai noioso, mai prevedibile (se si eccettua l'episodio di Filemone e Bauci, senz'altro il meno riuscito).
Mauri è sempre grande e vibrante, Sturno tira su un Mefistofele estetico che convince, diverte e non spaventa. Gli altri, tutt'intorno, se la cavano bene. In particolare va segnalata la prova di Cristina Arnone, che dà vita ad una Margherita veramente di buon livello; brava, la Arnone, anche perchè trova misure e spazi giusti all'interno di una messa in scena che sembra voler far eccellere solo i due protagonisti.
Pare invece veramente troppo pesante la scenografia. Soprattutto il piedistallo-librone sul quale Faust incontra Mefistofele: è semplicemente un brutto oggetto scenico; un oggetto che si muove un po' tanto per fare, quasi svelando la voce del produttore che dice al suo pubblico: ma avete la minima idea di quanto ci è costato quest'affare?

domenica 6 gennaio 2008

Il figlio mentale di Giulietta e Romeo

Come si fa a non essere d'accordo?



venerdì 4 gennaio 2008

Lucius e Ivy

Ivy - Tu resti impassibile e noi siamo terrorizzati. Come mai?

Lucius - Non mi preoccupo di cosa può capitare, ma di cosa bisogna fare... Come sapevi che ero qui?

Ivy - Ti ho visto dalla finestra... No, non ti dico il tuo colore... (sottovoce) Smetti di chiederlo... Una volta sposati, danzerai con me? Trovo che la danza sia davvero dilettevole...

Lucius - ...

Ivy - Perchè non riesci a dire quello che hai nella testa?

Lucius - Perchè non riesci a smettere di dire quello che hai nella tua?... Perchè prendi l'iniziativa quando voglio averla io? Se voglio danzare, sarò io a chiederti di danzare; se voglio parlare, io aprirò la bocca e ti parlerò. Tutti continuano a torturarmi perchè parli di più. Perchè poi? A che serve dire che ti penso dall'istante in cui mi sveglio? Che può venire di buono se dico che talvolta non riesco a essere lucido o che non posso lavorare bene? Che cosa cambia mai se riesco a dirti che ho paura come tutti gli altri solo quando penso che tu possa essere in pericolo? Ecco perchè sono sotto questo portico Ivy Walker: la tua incolumità viene prima di quella degli altri... E sì... Voglio danzare con te al nostro matrimonio.

giovedì 3 gennaio 2008

Frustrazione ad Harrisburg

Lo scorso 15 dicembre, ad Harrisburg, in Pennsylvania, si è svolta la terza edizione di "Indip/all", un piccolo meeting sull'arte indipendente che sembra riservare attenzione particolare al settore teatrale.

Ero lì per altro. Ma sono entrato; e devo dire di aver ascoltato qualcosa di interessante.

Il regista di una compagnia di Scranton - non esattamente amatoriale mi pare d'aver capito - è intervenuto nel contesto di una discussione relativa allo stato dell'arte drammatica nella East Coast, proponendo un confronto con il nostro Paese.

Più o meno ha detto qualcosa del genere:
"Fino agli anni Sessanta la tradizione teatrale italiana, così come quella di altre scuole europee, era d'esempio; ma andate ora in Italia. Io ci sono stato tre volte negli ultimi anni. E ogni volta sono andato a teatro e ho visto i loro film. magari sono stato sfortunato. Ma la situazione è deprimente. Un mio amico, studioso dell'arte italiana, un famoso gallerista di York, continua a ripetermi da anni che non dobbiamo lamentarci troppo della situazione dell'Est; perchè comunque il peggiore attore di Lackawanna sarà sempre migliore del migliore attore italiano. Forse il mio amico esagera. Ma fatevi un giro in Italia: il teatro è morto da parecchi anni e gli attori di formazione sono stati banditi quasi senza eccezione. Date retta a me: fatevi un giro in Italia. E poi tornate a guardare quello che facciamo qui".

Per la cronaca, nessuno ha fischiato questo intervento.
Io me ne sono andato dieci minuti dopo.
Il problema è che sono andato via soprattutto perchè non avevo nulla da ribattere.
E' stato frustrante. Anche per il mio sopitissimo orgoglio nazionale.